giovedì 19 aprile 2012 in , , , , , ,

IL DIBATTITO INIZIALE DEL FESTIVAL CON NOTARO E MINEO, SUL LORO LAVORO E SULLE NUOVE CORRENTI DEL CINEMA E VIDEO CONTEMPORANEO

Il primo Festival del nuovo documentario si è aperto con questo dibattito alle ore 18. Doveva essere di un'ora, invece siamo andati avanti spediti per un'ora e un quarto, e sono rimaste fuori moltissime questioni, sul lavoro di Notaro e Mineo, sul cinema e sul video contemporaneo, sulle nuove correnti e nuovi autori. Decisamente sono argomenti interessanti e attualissimi, che andranno ripresi molto presto, possibilmente senza aspettare l'anno prossimo e la seconda edizione del Festival.


Questo il link diretto al file in mp3, caricato su archive.org

Il file, essendo di 104 MB, ci metterà forse un pò di tempo a caricare; nel caso ci fossero problemi, ecco il link alla pagina su archive.org dove sono possibili vari modi per ascoltare in streaming e scaricare il file.

In alternativa, c'è anche un link per ascoltare in streaming con programmi come itunes o winamp la discussione, tramite un file m3u.

sabato 14 aprile 2012 in , , , , ,

INTERVISTA CON VINCENZO MINEO

Abbiamo parlato dei suoi due documentari "Cargo" e "Zavorra", presenti al Festival del nuovo documentario.

Durata 57 minuti.

versione video:



venerdì 13 aprile 2012 in , , , ,

INTERVISTA CON VINCENZO NOTARO

Realizzata via skype, con una serie di domande sul suo documentario "Mani fasciate".

Durata 39 minuti.

versione video:








versione solo audio, cliccare sul link per ascoltare, l'intervista è caricata sul sito Archive.org, biblioteca digitale no-profit


INTERVISTA VINCENZO NOTARO in audio mp3


qui sotto la locandina del documentario

mercoledì 11 aprile 2012

IL PROGRAMMA

ecco il programma definitivo del Festival del nuovo documentario!

Sala Suc Murate, Piazza Madonna della Neve, Firenze sabato 14 aprile



Visualizza SALA SUC MURATE in una mappa di dimensioni maggiori



Attenzione quella qui sopra è la mappa del luogo preciso; se su google maps, cercate Piazza Madonna delle Neve, come risultato verrete indirizzati alla piazzetta sbagliata, cioè la piazzetta vicina, proprio accanto, che è quella con il ristorante; il festival invece si svolge nell'altra piazzetta, contigua, quella dove è stato appena aperto il Caffé Letterario. L'ingresso della Sala del Suc è in una porta a vetri che resta sul lato di destra, sotto il portico, guardando di fronte il Caffé.


Dalle ore 18 alle ore 19 discussione sul documentario video, le nuove correnti e due autori del nuovo documentario: Vincenzo Mineo e Vincenzo Notaro

Ore 20.00 Proiezione del documentario MANI FASCIATE di Vincenzo Notaro, durata 52 minuti, alla presenza dell'autore e del protagonista del documentario, Mario Pisanti

Ore 21.30 Proiezione del documentario CARGO di Vincenzo Mineo, durata 48 minuti

Ore 22.30 Proiezione del documentario ZAVORRA di Vincenzo Mineo, durata 50 minuti, alla presenza dell'autore.



il volantino dell'evento






L'ingresso della Sala del Suc delle Murate, in questa foto sotto, è quella porta a vetri che si intravvede sotto l'arco centrale del portico









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domenica 8 aprile 2012 in , , , ,

CARGO di VINCENZO MINEO

La recensione del documentario "Cargo" di Vincenzo Mineo, film presente al Festival del nuovo documentario.








Il documentario si apre su un rallenty; il video ci porta subito dentro il tempo dilatato della nave, il suo lento avanzare, e i giorni che sembrano non finire mai. Il tema del tempo che non passa mai è centrale al video, e ricorrente nelle descrizioni della vita dei marinai a bordo, di fatto è intorno a questa attesa snervante che ruota uno degli aspetti più pesanti di questo mestiere. E conseguentemente il senso di questa attesa passa nella composizione del video, modificando dall'interno la struttura del film. Il video quindi non ha una linea temporale normale, come quella di un tradizionale altro documentario, pur valido e cinematograficamente riuscito che sia; fa invece di questa distorsione temporale il linguaggio formale e espressivo, compositivo.





Tutto il lavoro si imposta intorno a questo tempo allentato: i movimenti quasi impercettibili della nave, i gesti stracchi e ripetitivi dei marinai dei porti, i panorami visibili dall'esterno della nave o dalle finestre che mutano molto lentamente. Si ha la sensazione di essere entrati in una realtà sconcertante dove i meccanismi del vivere comune sono del tutto assenti, dato che alla realtà comune non assomigliano in nulla e che di fatto non ne fanno parte. Quanto all'acqua, che ci si immagina parte importante della vita su una nave, l'acqua c'è, ce n'è in abbondanza nel video. La prima acqua che vediamo, però, non è quella del mare. E' invece la poca acqua di un minuscolo acquario di uno dei marinai che spiega come quell'acquario sia simile ad una nave, essendo un mondo chiuso.
A 2.20 si vede per la prima volta l'esterno e scopriamo di essere in navigazione in mare, in una luminosa giornata invernale, su questa specie di cittadina galleggiante, anzi di fabbrica galleggiante, che si sposta; interessante come la parola "Cargo" stia per carico in inglese, mentre in italiano e in altre lingue è la nave quindi a seconda della lingua non è solo la nave ma anche quello che è trasportato; in sostanza in questa babele linguistica cargo è tutto, il trasportante e il trasportato, contenuto e contenente, tutti insieme si fondono, sono una cosa sola nella navigazione.








Così in sostanza gli umani a bordo fanno parte della nave, e vivono secondo le sue logiche. Non è infatti la primissima immagine del documentario quella di spazi aperti e dell'orizzonte marino, ma della stanzetta dove si gioca a ping pong da qualche parte nella pancia della nave. Anche nel tempo libero, che viene via via documentato nel video, il tempo non è veramente impiegato, ma piuttosto passato, si deve passare il tempo, alcune ore o quel che sono, prima del sonno, dei pasti, e della ripresa delle attività lavorative, e così per vari mesi, prima di ritornare a far parte del mondo reale. E' quindi ritratto un gruppo di persone costrette a vivere dentro questa fabbrica galleggiante che si sposta, portandoli al suo interno, in maniera tale da impedirgli di uscire dalla fabbrica anche nei momenti non di lavoro, e il tutto per mesi. Nel caso specifico, le riprese sono state realizzate durante un tragitto della nave "Indigo Point" nei mari dell'Europa settentrionale tra l'Olanda e la Russia.
Al quarto minuto il cargo è ripreso mentre entra nel porto di Rotterdam, in piena notte. Per un lunghissimo minuto e mezzo non c'è parlato né colonna sonora, ma solo rumori ambientali della nave che in una atmosfera irreale avanza nel porto. Si spalanca un mondo di luci notturne, di torri, impianti, banchine, depositi giganteschi, strutture industriali; le uniche voci che si sentono dopo circa un minuto e mezzo dilatatissimo sono quelle gracchianti degli altoparlanti e della radio di bordo. La sequenza, piena di immagini suggestive, e del tutto cinematografiche, come capita raramente di vedere oramai perfino al cinema, in tutto dura tre minuti, in cui lo spettatore è abbandonato a sé stesso, senza che gli sia lasciato più molto della possibilità di provare sconcerto davanti a questo mondo dal senso inspiegabile, e quindi provocante uno strano senso di inquietudine, di isolamento.




Una delle immagini notturne dell'ingresso della Indigo Point nel porto di Rotterdam


In fin dei conti tutto il lavoro dell'equipaggio si svolge in perfetta solitudine, e il documentario restituisce appieno questa atmosfera dissociata dalla società per la quale, al servizio della quale peraltro i marinai lavorano. Il fare vita separata dal resto del mondo è quindi un altro tema ricorrente, e non a caso il capitano della nave intervistato, cita i santi che si isolano in eremitaggio. Il documentario segue la vita quotidiana con i compiti lavorativi dei tecnici, il cuoco, gli ufficiali, ascoltando le loro storie e alternandole con le immagini del mondo esterno vario e mutevole che dà al video una serie di immagini bellissime, di cieli colorati, di scorci di luce invernale che la fotografia non si è lasciata scappare, anzi ne ha approfittato per restituirci questa che visivamente è una grande parte del mestiere di marinaio, ma che dopo tanti anni rimane per gli imbarcati sullo sfondo della loro fatica e della sofferenza nello stare lontano dalle famiglie, separazione di cui sentono il peso particolarmente. Eppure questi scorci bellissimi fanno parte della loro vita, e nel contrasto stridente tra la bellezza dei cieli, dei panorami aperti, delle distese di neve da una parte, e nel chiuso claustrofobico degli spazi interni della nave dall'altra sta uno degli elementi del film.





Un altro elemento è il contrasto tra gli umani che stanno dentro la nave e che si aprono con semplicità e sincerità alle domande, e le immagini dei misteriosi meccanismi, dei led, degli ingranaggi, i quali acquistano quasi una specie di vita propria, con i loro rumori da macchine. L'audio è peraltro parte fondamentale del video, direi alla pari dell'immagine: cicalini di ignoti sensori, scatti di meccanismi, suoni da sfregamento degli enormi cavi della nave, ogni sorta di suono è reso con grande attenzione, maggiore di quella impiegata generalmente nei documentari nei riguardi della parte audio. I suoni così dettagliatamente restituiti fanno una specie di colonna sonora degli strumenti meccanici, indispensabili nel funzionamento della nave e ai quali è affidata in sostanza la vita di chi lavora a bordo; le stesse strumentazioni o parti della nave sono poi spesso inquadrate, con risultati visivamente riuscitissimi: per esempio, le tubature giallo dorato, le luci di segnalazione rosso intermittente, le schermate verde del radar, sono alcuni di tali elementi che appaiono nel corso del documentario, e che ritmano di colori e forme lo scorrere del filmato.








Nel corso del viaggio che prosegue con i tempi rallentati di questa ingombrante piattaforma galleggiante brani di interviste ci danno modo di conoscere alcuni dei membri dell'equipaggio, nella maggior parte filippini. Nello specifico, le interviste con loro si svolgono in inglese che è la lingua comune adoperata sulla nave; altri membri dell'equipaggio sono italiani. Tutti cercando di far capire il senso di un mondo, delle sue fatiche e delle sue rinunce difficilmente comprensibile a chi sta fuori: "Non potete capire" dice uno di loro. Ma nell'insieme delle interviste, e dei loro racconti, emerge un ritratto vivo e ben definito di loro, senza che peraltro le interviste stesse siano preponderanti nel documentario; il parlato c'è, ma una gran parte della definizione della loro vita e della vita della nave è lasciata alle immagini, sia accompagnate come si è detto dall'audio ambientale, sia dalla musica. La musica è in armonia con il carattere del documentario, e contribuisce per la sua parte alla riuscita del lavoro; in certi momenti, sembra persino quasi superflua, tanto le immagini hanno evidenza da sé.








Dopo l'attraversamento del mare del Nord, del mar Baltico; dopo l'arrivo e vari giorni di sosta nel porto di San Pietroburgo, una San Pietroburgo ghiacciata, ben più inospitale e più cupa di Rotterdam, nonostante tutto il bianco della neve; dopo il pranzo di Natale, festeggiato a bordo tra colleghi con una più che abbondante tavolata con ogni sorta di cibo, ma che non sposta di una virgola il dato di fatto di passare la festa lontano dalle persone con cui si vorrebbe passarla; la nave riprende la via del ritorno, in quello che dà l'impressione di essere un viaggio senza fine, proprio come senza fine è la realtà del rapporto dei lavoratori imbarcati con la nave, un rapporto continuato e quotidiano senza fine con il proprio lavoro e gli strumenti del proprio lavoro, e con il tempo della navigazione, così differente dal tempo della realtà a terra. Evidentemente c'è un quotidiano reiterato che viene suggerito dalle ultime immagini, tra le quali quelle di uno dei marinai che compie degli esercizi fisici nella sua cabina, e della nave che proseguendo il suo viaggio, passa sotto un ponte sospeso, dove si vedono scorrere delle automobili; si ha la sensazione che queste immagini si ripeteranno per molto tempo, per anni e anni, senza la possibilità nella vita quotidiana di molte differenze.











In sostanza Cargo è un film che affronta con grande libertà espressiva la restituzione della realtà documentata, cercando con coraggio, e felicemente trovando una forma slegata dalle impostazioni tradizionali; indubbiamente alla fine del video si ha l'impressione, non di aver visto un lavoro che documenta semplicemente riprendendo dall'esterno l'oggetto della documentazione, ma di essere stati fatti partecipi del modo di vita della nave, di aver trascorso del tempo all'interno della nave, con i suoi stessi ritmi; e insieme alle persone che ci vivono. Scoprire poi che su internet c'è una mappa delle navi in diretta, dove si può seguire, aggiornato all'ora, il tragitto della Indigo Point, diventa quindi molto di più di una semplice curiosità; nel momento in cui sto scrivendo, scoprire che la nave risulta attraccata al porto di San Petersburg, fa scattare tutta una serie di immagini dei marinai filippini, e italiani, del capitano e degli altri membri dell'equipaggio, e di immagini del porto di San Petersburg, che si ha l'impressione dopo aver visto il video di conoscere molto bene.




Alberto Brogi



Informazioni sul documentario "Cargo"


Informazioni sull'autore, Vincenzo Mineo


Informazioni su "Zavorra", l'altro documentario di Vincenzo Mineo, anche questo presente al Festival del documentario



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martedì 3 aprile 2012 in , , , , , ,

MANI FASCIATE di VINCENZO NOTARO

La recensione del documentario "Mani fasciate" di Vincenzo Notaro, uno dei film presenti nel Festival del nuovo documentario.








Un documentario su uno sportivo. Mario Pisanti, pugile professionista, di Latina. Quindi, un documentario su un pugile, sull'ambiente della boxe che frequenta, o su Latina e la sua provincia, dove vive?

Tutti e tre, verrebbe da dire. Perché protagonista del video è Mario Pisanti, di cui seguiamo le vicende nel corso di vari mesi e ripercorriamo la storia sportiva e personale; ma inevitabilmente, il video si addentra nell'analisi e nella descrizione anche dell'ambiente della boxe, popolato di allenatori appassionati, di gestori di palestre, di organizzatori di incontri, e la descrizione di questo ambiente non resta sullo sfondo del documentario, ma anzi è definita accuratamente e sistematicamente dall'occhio della macchina da presa, tanto più perché la storia e le vicende personali di Pisanti non possono essere spiegate né capite senza questa particolareggiata analisi. Lo stesso avviene con la città di Latina e la sua provincia, che non rappresenta lo sfondo sul quale avvengono i fatti narrati, ma diventa in un certo senso protagonista, co-protagonista di questo lavoro; anche in questo caso ciò avviene perché quello che sarebbe lo sfondo geografico, ambientale del documentario riveste una importanza determinante sulla vicenda, ragione per la quale questo sfondo sale a un livello superiore. I tre livelli quindi si intrecciano per tutto il video; Pisanti è alle prese con una provincia che sembra fatta apposta per smorzare i sogni di uno sportivo, e l'ambiente della boxe a sua volta si mostra quasi che fosse una specie di palude che frena e rende immobile del tutto lo sforzo di affermarsi di un pugile di talento.

In particolare ancor più dell'ambiente della boxe, forse è la descrizione della città, e della sua vita che si prende lo spazio maggiore; da quinta generica, la città balza spesso in primo piano, e talvolta anche in primissimo. Il tutto, nella descrizione dei suoi ritmi tranquilli, lontani dalla frenesia della folla che popola le grandi città. Già i ritmi del parlare, i gesti, le abitudini, non sono quelli della frenesia della metropoli; il documentario descrive benissimo questo stato d'essere, e tale descrizione non è casuale né incidentale, ma voluta, data appunto l'importanza dell'ambiente nella vicenda raccontata. Di conseguenza si potrebbe appunto arrivare a dire che Mani fasciate è anche un documentario sulla provincia, e non si sbaglierebbe di molto.

Ci sono però degli elementi che ricorrono del video, e gli danno una importante, decisiva caratterizzazione formale, filmica, e sono le architetture, gli edifici, l'urbanistica di questa cittadina, in particolare delle zone più recenti, che recuperata dalla attenta telecamera della troupe, diventa un elemento caratterizzante il documentario, che accompagna lo spettatore nella sua visione. Tagli di palazzoni, inquadrature di parcheggi, svincoli, stradoni percorsi da auto, prati al limite delle zone edificate, con i blocchi squadrati e solidi degli edifici in perenne costruzione; linee, vie di fuga di finestre, prospettive di condomini, di isolati, colori che geometricamente si alternano, grigio cemento chiaro, cemento più scuro, cemento giallastro o marroncino, cemento in tutte le tonalità smorte, spente del cemento, questa serie di immagini che compone una sottotraccia, una controscena, è quasi una descrizione urbana, delle architetture di Latina.
















Il documentario quindi visivamente trae molto da questa caratterizzazione prospettica, e le linee solide e statiche degli edifici sono contrapposte al continuo dinamismo di Pisanti, che attraversa da parte a parte l'inquadratura con i suoi movimenti; Pisanti si muove in maniera incessante, si allena, corre, salta, tira colpi, li prova, senza peraltro che tutto questo dinamismo approdi a qualcosa, dato che il calendario della boxe è assolutamente fluido, non esistono date fisse, e gli incontri sono stabiliti se e come gira alla società sportiva di turno, o all'organizzatore di turno, il tutto in una cronica mancanza di fondi che rende l'impegno di tutti ancora più aleatorio; mancanza di fondi problema evidentemente degli sport cosiddetti "minori", e per quanto sorprendente sia, si apprende, anche la boxe professionistica a livello nazionale ne risente.

Dunque Pisanti che ha passato la trentina, e che punta al titolo italiano, dopo aver perso vari anni a causa di uno sfortunato incidente d'auto, va avanti tra mille sforzi nel tentativo di tenere la forma del pugile di altissimo livello, mentre aspetta che gli vengano organizzati gli incontri che dovrebbero consacrarlo finalmente campione d'Italia della sua categoria, e che vengono rinviati o addirittura cancellati, senza che lui possa fare nulla; e viene da pensare che le "mani fasciate" del titolo, non alludano tanto, o non solo, alla fasciatura delle mani del pugile prima che metta i guantoni, ma piuttosto alla impossibilità di dimostrare concretamente il proprio talento, in una situazione in cui tutti, organizzatori, allenatori, pugili, si trovano "legati", impediti oltre alla loro volontà, come dice Pisanti a un organizzatore "anche voi siete legati".











In questo gioco delle parti sta un altro degli elementi del film, e la sensazione di impotenza davanti al meccanismo è trasmessa molto bene allo spettatore, che non può che registrare da una parte lo sforzo di Pisanti, dall'altra la sua inutilità.

Questo dà al documentario una venatura malinconica piuttosto chiara, che in certi punti sfocia in una amarezza piuttosto esplicita. Nei toni riflessivi degli intervistati, che fanno parte della famiglia di Pisanti e del suo ambiente, affiorano più volte questi elementi; citiamo almeno Angelo, il padre della compagna di Pisanti, pugile anche lui a suo tempo e giovane promessa, che però di fronte alla prospettiva di un lavoro sicuro fuori della boxe, lo preferisce, rinunciando alla possibilità di una carriera nello sport, o più esattamente è costretto a preferire il lavoro alla boxe, per l'impossibilità di mantenersi altrimenti. La boxe non solo non arricchisce, come invece succede con certi sport più fortunati, ma nemmeno ti permette di camparci. Mentre descrive obiettivamente, in modo pacato, tutto questo, nelle parole del suocero, da una parte molto logiche e serene, si intuisce però presente un rimpianto per quello che poteva essere e non è stato, e che gli anni non hanno spento del tutto. E' uno dei momenti chiave del film; di fatto, Pisanti combatte non tanto contro i suoi avversari, ma contro i rimpianti futuri, per non trovarsi a una età più avanzata, con la sensazione di non aver dato tutto allo sport e conseguentemente, alla vita che avrebbe voluto, e doversi tenere un rimpianto, che peserebbe troppo. Il tutto, fa contrasto con la situazione della realtà, che spingerebbe invece alla rinuncia pura e semplice nelle proprie aspirazioni; la realtà entra infatti in vari momenti in modo brusco, come nelle parole di Valeria, la compagna di Pisanti, che "meno sognatrice" come dice lei, "lo riporto un po' alla realtà, perché la realtà è fine mese, la realtà è fare la spesa, la realtà è Yuri" (il figlio), "i soldi che so' troppo pochi, le bollette che arrivano", realtà, quindi che è fatta dei doveri di quello che ormai è un padre trentenne e un marito, in una famiglia come viene descritta non di figli di papà, e che quindi è più o meno nella situazione del suocero di Pisanti da giovane, quando si trovò nella necessità di abbandonare i suoi sogni.









E in tutto questo, Pisanti? Pisanti ci mette poco a portare lo spettatore dalla sua parte; per l'esattezza, un minuto esatto. Sono infatti passati 60 secondi precisi dall'inizio del video, quando veniamo a sapere dallo stesso interessato dei suoi esordi; Pisanti racconta in tono dimesso, quasi con aria di scusa, il suo primo incontro, concluso tragicamente, dove si è fatto prendere dal panico e dalla paura di farsi menare, con la conclusione logica di farsi menare tantissimo, di cadere a terra due volte, e pure, Pisanti confessa, di essersi messo a piangere. E' chiaro che per lo spettatore, per quanto la boxe possa non essere il suo sport più visto, a questo punto la vicenda narrata diventa non quella di un pugile ma di questo pugile nello specifico, con il suo carattere modesto e sincero; è la persona che a quel punto segui, e le sue vicissitudini sono quelle di una persona, e della sua famiglia, del suo ambiente, che è poi appunto una famiglia di una cittadina italiana dei nostri giorni, con i suoi problemi a arrivare a fine mese e le sue prospettive come minimo incerte.

In questo, somiglia a un film di narrazione l'impianto, l'architettura del documentario video di Vincenzo Notaro; si segue Pisanti nelle sue peregrinazioni e nei suoi incerti, parteggiando chiaramente per lui e sperando in una fine positiva delle sue vicende; la fine positiva non c'è, nel documentario, perché il famoso match come sfidante al titolo nazionale, che dovrebbe arrivare a ottobre 2010 in pochi mesi, viene rinviato più volte, e il documentario si chiude a fine 2011, senza una data fissata. Finale che ci conferma la sensazione di malinconia che sbuca qua e là nel documentario; se i personaggi del film sono tutti molto sereni nel loro cercare di andare comunque avanti, è indiscutibile questa presa d'atto, senza farsi illusioni, della realtà e dei suoi aspetti meno piacevoli.

Ma l'altro polo del film è la costanza e l'impegno, la forza di volontà di Pisanti, che fa da contraltare alla situazione; Pisanti come detto, combatte contro la situazione difficile, ben più che contro i pugili suoi avversari, e lo fa con ottimismo, cercando una via d'uscita ai problemi, con la stessa costanza con cui si allena, per ore.

Nel suo scorrere tranquillo, il documentario in ogni caso si adatta ai ritmi della provincia, e li segue, insieme ai suoi personaggi e alle sue ambientazioni; è quindi ben più, o non soltanto, un lavoro su una disciplina sportiva, di cui peraltro il documentario analizza metodicamente, e dall'interno, l'ambiente, senza abbellimenti o enfasi fuori posto, restituendone un ritratto anche visivo notevole. Dove si scopre accidentalmente, incidentalmente, cosa sorprendente per chi di boxe non sa nulla, che il lavoro del pugile è soprattutto mentale, la forza in sé e per sé non serve a nulla, basta un attimo di disattenzione per prendere il colpo che mette fine alla gara, e forse alla tua carriera. Tra i momenti più intensi del video c'è Pisanti che si prepara prima di un incontro, prova qualche colpo, cammina su e giù nello stanzino, si concentra senza dire una parola, con la testa bassa, nello spogliatoio; è una immagine quasi rubata dalla telecamera, tenuta a spalla. E' un momento che ha l'intensità di un film; per un momento del genere in un film serve una sceneggiatura valida, un attore che sa recitare e una regia capace; questo è un documentario, la storia è verissima e la persona non recita, ma l'intensità di quel momento non ha niente da invidiare a quella di un film con impianto cinematografico, con i tempi, una tensione del tutto cinematografica.










Quello che conta è che l'oggetto documentato in Mani fasciate, che sia l'ambiente sportivo, Latina e Cisterna, o Pisanti, è sempre documentato con molta cura, con grande attenzione; starei quindi per dire con realismo. Dato infatti come abbiamo visto che la realtà è in sostanza al centro del documentario, e viene descritta, verrebbe da dire ritratta per quella che è, con l'intento di trasmetterla allo spettatore, consegnandogliela per come è, che se la giudichi da solo.



Alberto Brogi



La casa di produzione del documentario, la Daimon Production

Informazioni sulle opere realizzate da Vincenzo Notaro e breve biografia

Informazioni sul collaboratore al soggetto di Mani Fasciate Emiliano Pappacena, e fondatore di Daimon Production



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Il link alla recensione da scaricare in formato PDF. Per scaricare, cliccare sul link sopra, e appena visualizzato il pdf, cliccare in alto a sinistra su "File" e nel menu a comparsa in fondo su "Scarica"

mercoledì 28 marzo 2012 in ,

Primo Festival del nuovo documentario, a Firenze




Sabato 14 Aprile si svolgerà a Firenze, presso la sala del SUC delle Murate, il primo Festival del nuovo documentario.


La giornata vuole essere l'occasione per discutere in modo approfondito di video e di linguaggi filmici, in modo da confrontare e scambiare pacificamente delle idee, sia sulle opere in concorso, che sul panorama attuale del video documentario d'autore.

I video in rassegna saranno accompagnati da schede critiche accurate e da lunghe interviste con gli autori; schede e interviste saranno a disposizione su questo blog, oltre che in sala in occasione delle proiezioni. Stiamo cercando per le proiezioni di avere gli autori a parlare dei loro lavori, sarebbe l'ideale, e speriamo naturalmente di avere sia molti commenti sul blog, che molti spettatori in sala, interessati a vedere dei lavori che meritano assolutamente di essere visti, e cogliere l'occasione per scambiare idee e pareri su regia, linguaggio filmico e altri elementi caratterizzanti i video.


Chi ha seguito un pò premi e rassegne video in questi ultimi anni, e i vari siti come Vimeo, sa che nonostante il momento di crisi, attualmente il mondo del documentario è ricco di esperimenti, espressioni personali, ricerca di percorsi originali, esplorazione di nuovi linguaggi, tutti elementi dati anche dal passaggio al digitale, che permette con l'abbattimento dei costi una grande libertà e una amplissima possibilità di ricerca di nuove e personali espressioni artistiche. Il festival vuole essere un momento di valorizzazione di alcune delle realizzazioni contemporanee, e di discussione, di scambio di idee e di confronto sulle stesse espressioni artistiche.

Nei prossimi giorni cominciamo a pubblicare qui le schede e le interviste; appena possibile aggiungiamo altre informazioni sulla rassegna.


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